Fragilmente qui
Sono state settimane in cui parlare era così difficile: abbiamo affidato questo compito alle immagini di Daniele Belosio
Sono stati mesi in cui era arduo, dilaniante parlare. Eppure siamo qui. Fragilmente qui. In questa storia, abbiamo affidato un compito, difficile, alle immagini di Daniele Belosio.
Ali oltre la rete
Ali che sfuggono a una rete, la sfiorano, per un attimo si è tentati di pensare che rimarranno impigliate. Eppure, quasi sorprendentemente, vanno oltre.
Questa è una storia di fragilità e resilienza, attraverso le fotografie. Il bianco e il nero ci riportano alla nostra essenzialità di creature esposte a tutto e a tutto pronte a reagire, senza fermarci a contare le cicatrici. Per quelle, ci sarà tempo.
Siamo immersi nell’epoca del coronavirus: qualcosa che non ha ancora un volto, uno vero almeno no. Per quanto ci raccontino, anzi proprio per tutto ciò che ci raccontano, ci rendiamo conto che ne sappiamo ancora pochissimo. Siamo circondati da trappole, noi creature, che non ci permettono di riposare. Eppure lo facciamo.
Macchie che prendono luce e prendono il volo, verso il cielo. Come uno sciame, con una sua libertà che non sappiamo bene decifrare, di questi tempi. Perché chiusi in casa e, o minacciati da un male che è avvantaggiato nel conoscerci, forse l’abbiamo colto qua e là: siamo ancora così stranamente liberi. Ci vengono in mente canzoni che danno voce a questa sensazione. Il cielo in una stanza, siamo riusciti quasi a ritrovarlo. Ma più di tutte, una canzone di Patti Smith, Wing.
I was a wing in heaven blue
I’ll earn the ocean and
Soared in the rain
And I was free
I needed nobody
It was beautiful
It was beautiful
Così, proprio quando la trappola sembra perfetta, noi siamo già oltre, in una impeccabile geometria.
Oppure ci siamo fermati, su un filo ancora più fragile di noi, e sfreccia qualcosa, qualcuno immensamente più grande di noi. Tuttavia, possiamo guardarlo con una noncuranza che ci colpisce. Perché fragile, è anche lui.
In quest’epoca, in cui l’umanità è stata costretta a rintanarsi, la natura ha osato un poco di più. Ha mosso i suoi passi silenziosi, e poi più arditi, in quella che erroneamente le, ci era stata indicata come la terra dell’uomo. E il cielo. Animali che attraversano la strada e i tempi, con un coraggio che si lega alla nostra lontananza.
Quelle scattate da Daniele Belosio, in realtà, sono immagini senza tempo. Frutto di un percorso rispettoso, tra la natura e la civiltà. È dolorosa, quella “e”, ma anche rivelatrice. Perché nel suo indicare un confine, ci offre anche l’opportunità di varcarlo. Scattate prima dell’emergenza, eppure anticipatrici di essa. Perché eravamo già, in emergenza. Narrano di una convivenza che viene da lontano, ma nella sua armonia rivela una dis-grazia. Un equilibrio, venuto meno.
Ma anche una forza, che nessuno sapeva sospettare. Un fiore così delicato da poter essere spazzato via da un soffio, può osservare un aereo e non esserne toccato.
Alla fine, è lui che resta immerso con l’anima nella terra, mentre l’altro è già scomparso.
Water, water everywhere, all the boards did shrink;. Water, water, every where. Nor any drop to drink.
anche quando cambiamo elemento, e accarezziamo l’acqua, ci resta un senso di pace. L’acqua è ristoratrice e minacciosa. Quando ti abbraccia, potrebbe rivelarsi ciò che non è. Samuel Taylor Coleridge, nel presentare la terribile vicenda del Vecchio Marinaio, ci mostra l’autentica natura di questo elemento.
Essere circondati dall’acqua e non poterne bere una goccia. Le barche che scricchiolano, quasi si ritirano. Attorno, solo creature che ci guardano negli occhi, anche da lontano, anche dalla profondità.
Fradici e spaventati, torniamo nell’aria. Ci aggrappiamo anche a una foglia, pur di non affondare. E quando cominciamo a temere che non ce la faremo, ci rendiamo conto che una luce la, ci sta attraversando.
Punti di ritorno riprende il viaggio, anche in condizioni di limitato movimento. Perché non ha paura del vuoto o del silenzio.
Perché è fragilmente qui.
. Aess